martedì 1 agosto 2017

POMPEI, SCOPERTA GRANDE TOMBA MONUMENTALE

Articolo tratto da National Geographic Italia



Da liberto a princeps coloniae: la grande epigrafe in marmo del sepolcro tornato alla luce presso porta Stabia, racconta l'ascesa di Gnaeus Allieus Nigidius Maius, magistrato amico di Nerone.
Dopo quasi duemila anni è tornata alla luce una delle tombe più sontuose dell’antica città romana di Pompei. Gli strumenti degli archeologi, stanno ancora liberando dalle sabbie del tempo il sepolcro attribuito al mecenate dei giochi gladiatori più importante della colonia. Con ogni probabilità infatti, il monumento in marmo - raro tra quelli funerari di Pompei - è riconducibile a Gnaeus Allieus Nigidius Maius di cui, sino ad oggi, si conoscevano solo diciassette iscrizioni che ne celebrano il valore descrivendolo come “princeps coloniae”.




Il monumento funebre, nelle vicinanze di porta Stabia, si trova poco al di sotto di uno strato di lapilli accumulatisi nel corso della prima fase dell’eruzione del 79 d.C., e su cui si distinguono chiaramente le tracce dei carri dei cittadini in fuga.


La Porta Stabia negli scavi di Pompei 


Solchi lasciati dai carri in fuga durante l’eruzione del 79 d.C

La porzione frontale, presenta una lunga iscrizione di quattro metri di lunghezza su sette righe - la più lunga mai rinvenuta a Pompei - che ripercorre la storia della vita del personaggio sepolto. La descrizione, parte dal momento in cui divenne adulto indossando la toga virile. Proprio in quell’occasione – si legge – fu allestito per il popolo pompeiano un grande banchetto, con quattrocentocinquantasei triclini, e fu messo in scena uno spettacolo gladiatorio a cui presero parte quattrocentosedici lottatori. Ma non solo. L’epigrafe riporta anche i particolari della violenta rissa che avvenne nell’anno 59 d.C., tra pompeiani e nocerini, di cui abbiamo notizia tramite gli Annales di Tacito. 



“Grazie a questa iscrizione - afferma il direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna - “sappiamo che i duoviri (sommi magistrati di Pompei) vennero esiliati e che fu il nostro Nigidio a riportarli a casa. Questo, sempre da quello che leggiamo, fu possibile grazie ai buoni rapporti che intercorrevano tra lui e l’imperatore Nerone. Il personaggio descritto comunque, è certamente il più importante di questa ultima fase di vita di Pompei e lo si capisce dalla sontuosità del sepolcro che ci restituisce importanti descrizioni di eventi che altrimenti sarebbe stato impossibile conoscere”.
Continuando a leggere attentamente l’epigrafe, si viene a conoscenza di un altro grande spettacolo venatorio che questa volta fu messo in scena in occasione delle sue nozze. Si descrivono importanti esibizioni di caccia paragonabili solo a quelle di Roma che videro impiegati animali di ogni genere per il divertimento dei cittadini. Fu proprio per questo che – come si apprende nelle righe conclusive – il popolo lo acclamò “patronus” della colonia. Epiteto però, che Nigidio sostiene di non meritare. “Ci troviamo di fronte ad una delle scoperte più importanti nella storia del sito di Pompei", continua Osanna. "Da questa iscrizione capiamo anche le grandi opportunità che c’erano nel mondo romano. Il nostro personaggio infatti, era figlio di un liberto ma questo non gli impedì di concludere la sua vita al massimo della carriera magistratuale e di pagarsi una delle rare tombe in marmo della città".
"Altro dato rilevante di questa scoperta, è certamente quello relativo ad una lapide attualmente conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e di cui sino ad oggi, non si conosceva la provenienza. Si tratta di una lastra marmorea su cui sono dipinte scene di lotte gladiatorie e spettacoli venatori e che presto – attraverso una riproduzione – tornerà ad arricchire questo importante monumento".


"Siamo tutti molto soddisfatti di questa scoperta che è stata effettuata nel corso dei lavori di verifica dello stato delle fondazioni del soprastante edificio San Paolino che a breve ospiterà la biblioteca della soprintendenza. Il nostro progetto di ricerca va avanti senza sosta, grazie al lavoro di tutti i tecnici ed i ricercatori impegnati che con metodo ed abnegazione continuano a dare lustro al sito di Pompei”.


Massimo Osanna, direttore generale del Parco Archeologico di Pompei fornisce particolari sull'iscrizione sepolcrale nel corso della ricognizione con la stampa 

Post realizzato dall'alunno Leonardo Imperati della classe IV E

mercoledì 28 giugno 2017

RILIEVO


Raccolta di informazioni necessarie e sufficienti a consentire la ricostruzione di un'opera architettonica con le tecniche originarie. Nella realtà, così come risulta dai corsi delle Facoltà di Architettura e Ingegneria, il rilievo di un'opera architettonica si riduce ad una rappresentazione grafica della stessa.

In ogni rilievo si distinguono due fasi:
Fase di campagna: consiste nella redazione dell’eidotipo, nel rilievo fotografico e nel prelievo delle misure;
o  Fase di restituzione (detta anche “a tavolino”): restituzione dei dati rilevati, rappresentazione.

La fase di campagna a sua volta si articola in tre fasi:
1.     Guardare l’architettura, progettare il rilievo
·  fotografie e primi schizzi di insieme. Rilievo a vista (schizzi geometrici e proporzionali);
·        analisi delle parti e degli elementi;
·        progetto di rilievo: cosa rilevare, come rilevare;
·        tempi, strumenti, attrezzatura, verifica dell’accessibilità;
·        definizione del programma di lavoro.

2.    Eidotipo o schizzo preparatorio (deve contenere informazioni dimensionali dell'oggetto da rilevare, dette quotature).
·    Lo schizzo è un disegno schematico di un oggetto, che di norma viene eseguito a mano libera. Nel caso di schizzo architettonico vi sono raffigurati edifici o parti di edifici.

3.     Prelievo delle misure
·  Trilaterazione: tecnica che permette di calcolare distanze fra punti sfruttando le proprietà dei triangoli. (chiudere o dividere la figura in un triangolo)

 RILIEVI:
o   Casa della regina Carolina
(regio: 8, insula: 3, civico: 14,15)
§  Esplorata in gran parte durante il periodo francese, deve il suo nome a Carolina Murat, poi cambiato in Casa di Adonide, alla ripresa degli scavi da parte dei Borbone. Dotata di ambienti al piano superiore e di un ampio giardino, in fondo al quale un'edicola a forma di tempietto accoglieva la statua di Diana, era decorata con finissimi affreschi di IV stile.
§  È stata scavata tra il 1809 ed il 1839 ed ha la caratteristica di possedere nell'atrio, un muretto, con ai quattro lati dei pilastri che sostenevano il tetto, al cui centro è posto l'impluvium in marmo: resti di una scala accertano la presenza di un piano superiore, mentre nel giardino è posta una vasca in muratura ed un larario a cui si accede tramite quattro gradini e sostenuto da due colonne.

o   Casa del forno(panificio)
(regio: 6, insula: 3, civico: 3,27,28)
§  Risale al II sec. a.C., ma la ristrutturazione successiva al terremoto del 62 d.C. trasformò il pianterreno della casa in ambienti produttivi, mentre la funzione residenziale si trasferì al primo piano, raggiungibile per la scala a destra dell'ingresso all'atrio: al momento dell'eruzione (79 d.C.) sembra che i lavori non fossero completati.
Per lungo tempo fu l'unico grande panificio messo in luce Pompei fra i 35 ora noti. L'hortus (giardino) accolse gli impianti per la macinazione del grano e per la lavorazione e la cottura del pane: i bacini per l'acqua, il forno coperto a volta, 4 macine in lava su basamento in opera incerta; nel vano aperto a destra, su 2 sostegni in pietra, era la tavola su cui il pane riposava prima dell'infornata, mentre l'ambiente a sinistra del tablino era la cucina.
Nella stalla, aperta sul giardino e sul vico di Modesto, era la mangiatoia addossata al muro: qui sembra sia stato rinvenuto lo scheletro di un mulo con tutti i finimenti.

o   Casa del chirurgo
§  Strumenti chirurgici, in ferro e bronzo, quali sonde, forcipi ginecologici, cateteri, bisturi danno il nome alla casa, che è tra le più antiche di Pompei (III sec. a.C.), con blocchi squadrati calcarei in facciata e muri interni costruiti in 'opera a telaio'.
Di impianto regolare la casa è frutto di almeno 2 ristrutturazioni successive, cui s'aggiunge un piano superiore nel quartiere rustico: recenti studi ritengono originario l'impluvium in tufo.
La decorazione superstite s'ammira soprattutto in un ambiente finestrato, che affaccia sul giardino, con pitture di 'primo stile' all'esterno (II sec. a.C.) e di 'quarto stile' all'interno (dopo il 50 d.C.).

Post realizzato dall'alunna Maria Teresa Mollo della classe IV E

MOSAICI E AFFRESCHI

Ø Mosaico

·         L'arte del mosaico divenne una delle più caratteristiche e fortunate del mondo romano. I mosaici fatti con piccole tessere di eguale dimensione ricavate da pietre e da marmi colorati (opus tessellatum), e disposte in un letto di cemento divennero gradualmente noti al mondo greco nei decenni seguenti le conquiste di Alessandro. Probabilmente si trattava di un'idea importata dall'oriente, sebbene sia stata suggerita un'origine siciliana.Il concetto fondamentale era reminiscente dei tessuti: in altre parole, il mosaico, o almeno le sua parte pittorica, era pensato come una specie di tappeto inserito nel mezzo del pavimento, e il nome che si dava a tale pannello centrale era quello di emblema. Oppure poteva essere trattato a mo' di stuoia da collocare davanti a una porta.
A Pompei il pavimento fu veduto come uno spazio unitario che avrebbe dovuto essere interamente coperto dal mosaico, il quale così sarebbe sembrato un tappeto anziché uno stuoino. Tale formula è in modo particolare riscontrabile negli atria delle grandi case sannitiche costruite a Pompei e a Ercolano nel II secolo a.C.


Ø Affresco


Lo studioso tedesco August Mau classificò la pittura pompeiana in quattro stili:
o   Il primo stile pompeiano
Il primo stile pompeiano, a incrostazione, è detto stile strutturale o dell'incrostazione e si colloca nel periodo a partire dall'età sannitica (150 a.C.) fino all'80 a.C.
Questa tecnica pittorica, diffusa sia negli edifici pubblici che nelle abitazioni, imita, utilizzando in alcuni casi anche elementi in stucco a rilievo, il rivestimento delle pareti in opus quadratum e con lastre di marmo, detto crusta, da cui il nome "stile dell'incrostazione". Le pitture in primo stile si articolano, seguendo una ripetizione fissa, in tre zone:
·         una fascia superiore decorata con cornici in stucco aggettante.
·         una fascia mediana, a sua volta tripartita, dipinta con i colori predominanti rosso e nero, ma anche viola, giallo-verdi, imitanti il marmo, il granito o l'alabastro
·         un plinto o zoccolo, di solito di colore giallo
Le pitture di questo stile contengono anche piccoli elementi architettonici, come ad esempio pilastri per la divisione verticale delle superfici. Negli Scavi archeologici di Pompei questo stile è presente nella Basilica, nel tempio di Giove, nella Casa del Fauno e nella Casa di Sallustio, in quelli di  Ercolano nella Casa Sannita.

o   Il secondo stile pompeiano
Il secondo stile pompeiano, detta architettura in prospettiva, o stile architettonico, si colloca nel periodo che va dall'80 a.C. alla fine del I secolo a.C.
In questo tipo di pittura elementi come cornici e fregi con tralci vegetali cominciano ad essere dipinti invece che realizzati in stucco, riproponendo così, con abile gioco illusionistico di colori e ombre, ciò che durante primo stile si realizzava in rilievo. Rispetto al primo stile, l'innovazione è fornita dall'effetto di trompe l'œil che si crea sulle pareti, dove al posto dello zoccolo si dipingono in primo piano podi con finti colonnati, edicole e porte dietro i quali si aprono vedute prospettiche.In questo periodo nacque così anche la figura del paesaggista, che, a Pompei, dipingeva i particolari dei giardini, molto richiesti dai committenti. Negli scavi archeologici di Pompei questo stile è presente nella Villa dei Misteri e nelle case di Obellio Firmo, del Labirinto, delle Nozze d'Argento, del Criptoportico.

o   Il terzo stile pompeiano
Il terzo stile pompeiano o stile ornamentale detto parete reale, dal punto di vista cronologico, si sovrappose al secondo stile ed arrivò fino alla metà del I secolo d.C., all'epoca di Claudio (41-54).
In esso venne completamente ribaltata la prospetticità e la tridimensionalità caratteristiche dello stile precedente lasciando il posto a strutture piatte con campiture monocrome, prevalentemente scure, assimilabili a tendaggi e tappezzerie, al centro delle quali venivano dipinti a tinte chiare piccoli pannelli (pinakes) raffiguranti scene di vario genere. Negli scavi archeologici di Pompei pannelli dipinti in questo stile si trovano inseriti nel muro della sala da pranzo della Villa della Porta Marina e nella Casa di Lucrezio Frontone.

o   Il quarto stile pompeiano
Il quarto stile pompeiano o dell'illusionismo prospettico si afferma in età neroniana e si distingue dagli altri per l'inserimento di architetture fantastiche e di grande scenicità (Casa dei Vettii a Pompei e Domus Aurea a Roma).
Gran parte delle ville pompeiane furono decorate con pitture in questo stile dopo la ricostruzione della città a seguito del disastroso terremoto del 62, che provocò ingenti danni.
Il quarto stile si caratterizza per un revival di elementi e formule decorative già sperimentate in precedenza: tornano di moda le imitazioni dei rivestimenti marmorei, le finte architetture e i trompe-l'oeil caratteristici del secondo stile ma anche le ornamentazioni con candelabri, figure alate, tralci vegetali, caratteristici del terzo stile. Esempi pompeiani di grande pregio li ritroviamo nella Casa dei Vettii e nella Casa dei Dioscuri, decorati probabilmente da artisti della stessa bottega.

TECNICA
La lavorazione dell'affresco constava di diverse fasi. Innanzitutto si preparava la parete con malta grossolana sulla quale venivano applicati cocci o, in alcuni casi, lastre di piombo che servivano a trattenere l'umidità, preservando gli intonaci da una rapida degradazione. Poi veniva steso uno strato misto di sabbia e calce di circa 1 cm detto arriccio, su questo, quando era ancora umido, si tracciava con un chiodo il disegno preliminare detto sinopia, dal nome della città di Sinope in Turchia. Dopodiché si stendeva il tonachino spesso appena una frazione di millimetro, un composto di sabbia fine, polvere di marmo o pozzolana setacciata, e acqua, su cui venivano stesi i colori. I colori adatti a questo tipo di lavorazione erano di origine minerale, vegetale, e animale. Il cinabro era un rosso (rosso pompeiano) derivante dal solfuro di mercurio, dall'effetto vivo e lucente, proveniente dall'Asia Minore dalle miniere nei pressi di Efeso e dalla Spagna. Il ceruleo, detto blu egizio o fritta, era ottenuto cuocendo in una fornace sfere di rame, fior di nitro e sabbia, precedentemente macinati ed inumiditi. Dalle ocre come il silatticum derivavano i colori gialli diffusissimi a Pompei, che in alcuni casi hanno assunto una colorazione rossa a causa del riscaldamento prodotto dall'eruzione. Il nero, di origine animale, era ottenuto dalla triturazione e calcinazione di ossa od avorio.

Post realizzato dall'alunna Maria Teresa Mollo della classe IV E

TECNICHE COSTRUTTIVE

Le tecniche costruttive ed i materiali originari erano molto semplici: si riscontra un largo uso di opera incerta realizzata con conci di pietre diverse (tufo giallo, tufo grigio, travertino, etc.) e solo nei cantonali e nei piedritti si trova muratura in blocchetti di travertino, spesso con diverse altezze dei filari. Molto limitato è l’uso di muratura in laterizio e di opera mista.

·      OPERA INCERTA: L'opera incerta (opus incertum, o, detto talvolta ma errato, opus incertus) è una tecnica edilizia romana che riguarda il modo in cui viene realizzato il paramento di un muro in opera cementizia.


·         MURATURA IN LATERIZIO:


·       OPERA MISTA:L'opera mista (opus mixtum) è una tecnica edilizia romana tramite cui si realizza il paramento di un muro in opera cementizia: consiste nella mescolanza di opera reticolata con ammorsature agli stipiti e agli angoli in opera laterizia. La tecnica è impiegata a Roma e dintorni in particolare in epoca traianea e adrianea.

Post realizzato dall'alunna Maria Teresa Mollo della classe IV E

martedì 27 giugno 2017

GPS (sistema di posizionamento globale)


Sistema di posizionamento e navigazione satellitare civile che, attraverso una rete dedicata di satelliti artificiali in orbita, fornisce ad un terminale mobile o ricevitore GPS informazioni sulle sue coordinate geografiche ed orario, in ogni condizione meteorologica, ovunque sulla Terra o nelle sue immediate vicinanze ove vi sia un contatto privo di ostacoli con almeno quattro satelliti del sistema. La localizzazione avviene tramite la trasmissione di un segnale radio da parte di ciascun satellite e l'elaborazione dei segnali ricevuti da parte del ricevitore.

Il GPS viene utilizzato anche frequentemente per scopi topografici/cartografici
In genere, per le applicazioni topografiche, dove le precisioni richieste sono di tipo centimetrico, non si utilizzano le normali tecniche di rilievo GPS utilizzate per la navigazione. La tecnica più diffusa è quella della misura in differenziale. Essendo la differenza tra il valore delle reali coordinate del punto e quelle rilevate dallo strumento GPS, variabili nel tempo ma costanti a livello locale, è possibile operare con due strumenti in contemporanea. Uno, il master, verrà localizzato su un punto noto nei pressi del punto da rilevare. L'altro, il rover, effettuerà il rilievo. Avendo, attraverso il master, la registrazione dell'errore locale, istante per istante, le letture del rover verranno corrette attraverso queste ottenendo precisioni fino a 2 ppm, ovvero 1 millimetro su un chilometro.

Ø Il GPS in topografia
·      Le fonti di errore influiscono in eguale misura su tutti i ricevitori che vedono gli stessi satelliti
·       La posizione relativa di due o più ricevitori GPS può essere nota con grande precisione
·   L'analisi dei segnali ricevuti contemporaneamente da 2 strumenti porta a precisioni anche di pochi millimetri
·       Il GPS può misurare vettori di notevole lunghezza (anche centinaia di km)
·       Funziona 24 ore al giorno e con qualsiasi condizione atmosferica
·      Il GPS viene utilizzato in topografia perché non è richiesta l'intervisibilità dei punti da rilevare

strumenti per rilevare punti nello spazio

Post realizzato dall'alunna Maria Teresa Mollo della classe IV E

PISTOLETTO A POMPEI

Se c’è un paesaggio antico di duemila anni che ancora ci avvolge pienamente e nel quale è possibile entrare, lasciando fuori i segni sovrabbondanti della “modernità”, questo è Pompei. Ed è per questo che un grande maestro dell’arte contemporanea come Michelangelo Pistoletto questa mattina è nella Palestra Grande degli scavi per un’istallazione della sua opera-guida, il “Terzo Paradiso”.

Giornata nazionale del paesaggio dedicata alla rinascita del sito, scommettendo ancora una volta, dopo la mostra di Igor Mitoraj (chiude a maggio) sul dialogo tra antico e moderno, tra archeologia e arte contemporanea.
Lapilli, pomici, blocchi di tufo, scarti ceramici, residui di gesso dei calchi come fossili della civiltà perduta ma anche materiali di cantiere, attrezzi degli archeologi usati per salvaguardare la storia del sito e dell’umanità, la ruota di un mulino ad acqua, nel cerchio del passato. E ancora: antenne wi-fi, braccialetti elettronici per entrare e uscire dagli scavi, un computer.
Ecco l’installazione di Pistoletto tra le colonne della Palestra Grande. Il cerchio centrale è la nuova vita del sito che si rigenera continuamente tra il passato e il futuro – spiega l’artista - e dove la natura riprende il suo ruolo, con le piante, le erbe e i fiori un tempo coltivati a Pompei e di cui gli studiosi hanno ritrovato i semi tra le ceneri. Si genera un’armonia che l’uomo ritrova solo attraverso la ricerca di un rapporto equilibrato con l’ambiente.
Su una grande superficie specchiante studenti e visitatori del sito, in un grande flash-mob, depositeranno i materiali dell’installazione che man mano prederà forma. Alle 12,30 Pistoletto ha spiegato ai presenti il senso del suo “Terzo Paradiso”: il segno matematico dell'infinito che si incrocia con tre cerchi consecutivi. I due cerchi opposti significano natura e artificio, quello centrale la rinascita.


Con Michelangelo Pistoletto ci sono il direttore generale della Soprintendenza Pompei Massimo Osanna, Fortunato D’amico di “CittàdellArte-Fondazione Pistoletto”, l’architetto Paolo Mighetto, curatore per la Soprintendenza Pompei della performance, e Gianluca De Marchi di Urban Vision, main sponsor dell'evento.

Post realizzato dall'alunna Maria Teresa Mollo della classe IV E

LABORATORIO RICERCHE APPLICATIVE

Responsabile del Laboratorio: dott.ssa Alberta Martellone in collaborazione con l'arch. Bruno De Nigris per la diagnostica
Assistenti Tecnici scientifici: Luigi Buffone, Antonio Stampone
Addetto ai Servizi ausiliari: Gennaro Cirillo
Assistente Amministrativo Gestionale: Vincenzo Giuseppe Di Martino

















Il Laboratorio, istituito con fondi CNR e inaugurato nel dicembre 1994, conduce una serie di  attività di ricerca di natura conservativa, relativamente alla protezione e al restauro dei reperti, oltre che di valore conoscitivo, in particolare per quanto concerne la ricostruzione degli ambienti naturali dell' area vesuviana prima dell' eruzione del 79 d.C. Al suo interno è, inoltre, presente una biblioteca specializzata.

Le principali attività del laboratorio riguardano:

•    Lo studio su reperti biologici;

•    Lo studio minero-petrografico e chimico-fisico dei materiali lapidei e litoidi:

•    Le collaborazioni con Università per attività di stage e tirocinio.


Il Laboratorio è dotato di una Camera climatizzata, ambiente mantenuto costantemente alla temperatura standard di 18°C con il 35% di umidità, fondamentale per la conservazione dei reperti organici, tra cui gusci d’uovo, legumi, uva, semi, datteri, fichi. La camera climatizzata è stata ampliata nel 2009, con fondi SANP, per accogliere anche i reperti conservati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Nel corso del 2014, grazie all'impulso del Prof. Massimo Osanna, sono confluite nel Laboratorio tutte le coppette contenenti pigmenti rinvenute a Pompei oltre a numerosi altri reperti organici già conservati nei depositi archeologici di Pompei ed Oplontis.
 





















L' attività del Laboratorio si avvale della collaborazione di istituti di ricerca italiani e stranieri afferenti alle più diverse discipline.


Post realizzato dall'alunna Maria Teresa Mollo della classe IV E


venerdì 5 maggio 2017

LOCALIZZAZIONE DI PLUVIALI, FISTULAE E CASTELLUM ACQUAE

Localizzazione di pluviali (antiche e moderne), fistulae e castellum acquae nel Regio IX e 
Domus 4 e 6 del Regio I



Analisi ravvicinata delle seguenti zone:




Pluviali
Reggio IX, Insula I, Numeri civici: 1-6-7-9-12-13-19-23-24-32-33
Reggio IX, Insula II, Numeri civici: 13-22-27 e tra 25 e 26
Reggio IX, Insula VII, Numeri civici: 20-21
Reggio I, Insula IV, Numeri civici: 9-23 e una senza numero civico
Fistulae
Reggio IX, Insula II, Numeri civici: 2-8-13-23-29
Castellum Acquae
Incrocio tra Reggio VII insula II, Reggio IX insula III e Reggio IX insula II – Incrocio tra Reggio VII insula I, Reggio IX insula I e Reggio I insula IV su via dell’Abbondanza

Pluviali
Moderne
Reggio IX, Insula I, Numeri civici: 5-6
Reggio IX, Insula II, Numeri civici: 4-5-7-8-13-17-19-22-25-26
Reggio IX, Insula VII, Numero civico: 17




















Post realizzato dagli alunni della classe 4 C, grafica a cura di Fabio Musella 

POMPEI, SCOPERTA GRANDE TOMBA MONUMENTALE

Articolo tratto da National Geographic Italia Da liberto a princeps coloniae: la grande epigrafe in marmo del sepolcro tornato a...